Articolo de La Nazione Siena del 13 luglio 2014, pag. 3
Pianoforte, ricordi e tante parole
Venditti si racconta a 20mila ‘amici’
Da ‘Roma capoccia’ a ‘In questo mondo di ladri’ tre ore di musica e spettacolo
di KATIUSCIA VASELLI
UNA NOTTE di quelle da alzare gli occhi al cielo per godersi una luna splendida e la Torre del Mangia che svetta, altera, pungendo il cielo cobalto che solo a Siena prende certe sfumature. E una Piazza del Campo gremita di gente, sono stati oltre ventimila — superando le aspettative — quelli che sono arrivati nel salotto buono della città per assistere venerdì sera al concerto di Antonello Venditti.
Il cantautore romano torna a distanza di cinque anni dal Capodanno 2009, e lo fa grazie all’evento organizzato da Banca Cras che ha voluto condividere con la città un importante anniversario: i cinquant’anni dalla propria fondazione. Una serata riuscita alla perfezione, al netto di alcune sbavature dovute peraltro agli amministratori locali e non agli organizzatori o allo sponsor. Una serata che dopo i saluti iniziali del presidente di Banca Cras Florio Faccendi e dell’assessore comunale al turismo Sonia Pallai, ha lasciato spazio alla musica.
L’antologia live ‘70-80... Ritorno al futuro’ ha il sapore introspettivo dell’uomo che scopre nel passato la propria essenza, spoglio del successo che si è costruito negli anni. O meglio, consapevole che quel successo è nato da quei conflitti interiori che hanno tenuto un ragazzino chiuso in una stanza a comporre canzoni, teso tra fede e voglia di fuggire da una realtà così stretta da far comporre ‘Roma Capoccia’ soltanto con l’immaginazione. Perché Venditti non è andato a Roma fino all’età di 16 anni e non aveva mai visto il sole diventare rosso nel tramonto sui sette colli. Aveva solo studiato la ‘maestà del Colosseo e la santità del Cupolone’.
Ed è un incanto l’intensità elegante del pianoforte che scava nelle vie della memoria e che accompagna l’intero concerto, una tracklist con i successi e le canzoni meno note di Venditti, quelle del ragazzino grasso che ha vissuto l’adolescenza malinconica e la giovinezza con l’ansia di una libertà da conquistare attraverso una rivoluzione che poi, alla fine, si è rivelata — come lui stesso ha precisato —- qualcosa che non aveva tutto quel senso che gli avevano dato i giovani. Anzi, forse da quel momento è cominciata la maturità di Venditti che ha abbandonato la voglia di rivoluzione imposta per seguire quella, più forte, della musica che avrebbe segnato l’intera sua vita privata e professionale.
Perché per chi si fosse aspettato un concerto dei suoi, venerdì sera può essere stata una delusione: ha parlato molto, Antonello, ha spiegato ogni sua canzone e l’ha cantata con la leggerezza e la serenità che avrebbe potuto usare con il gruppo di amici di sempre (De Gregori, Dalla, Rino Gaetano, Baglioni ) nel salotto di casa. Invece ha illuminato Piazza del Campo ancora una volta — non senza ricordare la magia del Capodanno 2009 — e anche se ha parlato forse un po’ troppo, concedendosi alla memoria languida propria degli artisti mentre il pubblico attendeva la musica, non ha deluso. Sarà per quel suo modo di cantare Roma e l’amore, sarà perché in fondo è l’unico a darci consolazione del fatto che la matematica non sarà mai il nostro mestiere ma Antonello Venditti, inossidabile, è piaciuto ancora tanto. Alla sua generazione e al pubblico giovane, a quelli che venerdì sera hanno condiviso con lui ricordi di una primavera passata, a quelli che hanno riflettuto sul senso della musica e soprattutto della cultura, a quelli che si sono incantati ascoltando il suo pianoforte, a quelli che lo hanno applaudito conoscendo solo poche di quelle canzoni, a quelli che lo seguono da sempre, ovunque. E a quelli per i quali ‘ci vorrebbe un amico’ per spiegare che tipo di concerto fosse.